Insonnia? Colpa del ritmo circadiano del cervello

18 ore fa 4

L'insonnia cronica non ha effetti negativi solo sul breve periodo, ma può avere conseguenze serie anche sulla salute a lungo termine: ecco perché capirne le cause e cercare di combatterla è importante per vivere meglio e più sani.

Uno studio pubblicato su Sleep Medicine suggerisce che alla base delle notti in bianco potrebbe esserci un'alterazione del ritmo circadiano del cervello, ovvero il suo orologio interno, che faticherebbe a spegnersi quando arriva il momento di dormire.

Vietato dormire! Gli studiosi hanno coinvolto 32 adulti tra i 65 e i 73 anni, metà con insonnia e metà senza disturbi del sonno, e li hanno tenuti svegli a letto per 24 ore. Durante questo periodo i partecipanti hanno dovuto compilare ogni ora un questionario sulla qualità dei loro pensieri (specificando se fossero, per esempio, ripetitivi, chiari o confusi) e valutare la propria attività metacognitiva (ovvero il controllo che avevano sulla mente).

Impossibile spegnere il cervello. Dai risultati è emersa una chiara differenza tra chi soffriva d'insonnia e chi non aveva problemi a dormire bene.

Nei soggetti insonni i pensieri restavano costantemente attivi e sotto controllo per tutte le 24 ore, senza mai scivolare nello stato di rilassamento e confusione tipico della notte; al contrario, chi dormiva bene mostrava pensieri più chiari durante il giorno e più ripetitivi e circolari di notte.

Anche il momento di massima lucidità mentale differiva tra i due gruppi: negli insonni, il picco delle prestazioni cognitive si verificava circa sei ore e mezza più tardi rispetto al gruppo di controllo. Questo ritardo suggerisce un disallineamento dell'orologio interno del cervello, che spiegherebbe perché chi passa le notti in bianco rimane mentalmente attivo quando invece dovrebbe rilassarsi.

Non solo psicologia. Pur riconoscendo alcuni limiti al loro studio, come il campione ridotto e l'età avanzata dei partecipanti, gli autori affermano che l'insonnia non è solo un problema psicologico, ma ha una componente cronobiologica. Saperlo apre la strada a nuovi approcci terapeutici, che non si limitino all'uso di farmaci o alla modifica delle abitudini quotidiane ma mirino a ribilanciare i ritmi circadiani del cervello.

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